Il Gruppo Polifonico Monteverdi ha al suo attivo varie pubblicazioni che spaziano dai compact disc musicali alle diffusione di libri contenenti spartiti dei canti popolari friulani.
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Nuovo capitolo discografico dedicato al canto sacro del Gruppo Polifonico Claudio Monteverdi. Sotto la guida del maestro Matjaž Šček per la prima volta il coro di Ruda (UD) propone una scelta combinata di autori dal Cinquecento ad oggi che hanno come comun denominatore il sacro in musica. Diverse, e apparentemente lontane, le provenienze storiche, geografiche, linguistiche dei vari autori, significativamente interessante la compresenza della tradizione classica con le nuove composizioni di autori contemporanei. Con musiche di Marjan Gradodolnik (1967), Francesco Corteccia (1502-1571), Giovanni Battista Candotti (1809-1876), Marco Maiero (1956), Claude-Michel Schönberg (1944), Cecilia Seghizzi (1908), Miran Rustja (1957).
La nuova proposta discografica del Coro
Claudio Monteverdi -"inCanto”:
esempi di poesia e musica d'autore nel Friuli e a Trieste tra '800
e '900- rappresenta un carattere monografico unitario, seppur sfaccettato,
per la scelta geografica, musicale e culturale,
in perfetta coerenza con le precedenti realizzazioni discografiche
del gruppo vocale friulano. Compositori e poeti di generazioni diverse,
ma in qualche modo collegate e contigue, si succedono con ordine
liberamente tematico nel corso dei 14 brani che
compongono il Cd. Il friulano di ieri e di oggi, l'originalissima
lingua poetica di Biagio Marin, il dialetto triestino
ormai scomparso, l'italiano poetico e decadente di Marcello Fraulini,
sono resi in musica da autori di sensibilità diverse e distanti,
ma, quasi per magico "incanto", convergenti in una sonorità
corale comune e riconoscibile.
Così, dal brio pudico di "NO SCHERZA'" di Augusto Cesare Seghizzi (1873-1933), decano dei compositori corali in Friuli, si passa all'intensità amorosa, contrastante con il carattere sbarazzino del brano composto dal padre (Augusto Cesare, appunto), con "AGNUL MIO'" di Cecilia Seghizzi Campolieti (1908-). Un brano classico della tradizione popolare friulana, il naturalistico "GNOT D'AVRIL", scritto da Arturo Zardini (1869-1923), armonizzato con garbo efficace da Orlando Dipiazza (1929-), precede "NINNA NANNA GRADESE", dolcemente cullante nel suo ritmo di barcarola, che trova nella lineare ed espressiva musica di Giulio Viozzi (1912-1984) e nella forza dei versi di Biagio Marin (1891-1985) una perfetta sintesi di intenzioni poetiche.
E ancora la natura, o meglio una sincera adesione all'armonia di essa, viene narrata da Cecilia Seghizzi ne "A MI BASTE UN FIL DI LUNE", mettendo in musica l'ispirato testo di Novella Cantarutti. L'antica melodia popolare friulana "A PLANC CALE IL SORELI" trova nella scrittura ed elaborazione di O. Dipiazza una preziosità che la rende ancora più profonda e intensa, mentre, "TRAMONTO SUL MAR", scritto da Antonio Illersberg (1882-1953) su testo di Alma Sperante (pseudonimo di Carlo Mioni), con l'utilizzo libero di una forma rondò, presenta, non senza efficaci soluzioni impressionistiche, un piccolo ed efficace idillio "alto-adriatico".
Segue, nuovamente, Cecilia Seghizzi che, impiegando
il testo forte e delicato ad un tempo di Biagio Marin, è
l'autrice di "LUNA",conciso quadretto
"marinaro" e sentimentale, pervaso dalla luce crepuscolare
della laguna gradese.
Una gentile preghiera e un accorato augurio per il proprio nipotino,
coniugando "flash back" narrativo all'ingenuo, ma sincero,
"stream of consciousness" è "LA MIA
STELA", che Antonio Illersberg scrisse
su testo di Marcello Fraulini, autore, inoltre,
di "DOLINA", omaggio al Carso tanto amato,
per gli aspetti pittorici, edonistici e privati dal talento dissipato
di Mario Bugamelli (1905-1978).
Un ulteriore tributo all'intenso e (talvolta) dolente canto amoroso è offerto nuovamente dal delicatissimo "NO STA VAI', BAMBINE", che Seghizzi padre realizza con assoluta partecipazione affettiva utilizzando, con efficacia armonica, il coro "muto", sopra cui svetta la voce solista del tenore. Un'atmosfera più spensierata nei complici giochi di amore, si coglie "ex abrupto", già dal levare iniziale, de "IL TROI", che O. Dipiazza compose su versi di Pieri Someda de Marco, mentre ne "LA SERE",su testo di Pieri Matie, il più recente dei brani composti e presenti in questa antologia, il musicista e direttore del coro friulano ci presenta il crepuscolo di una giornata e il bisogno di calma e di affetto, valori irrinunciabili e ancestrali di un'umanità schietta e vera.
Il CD si conclude con l'elaborazione di un canto popolare, vale
a dire "TROI DE BRAIDE", sempre ad opera
di O. Dipiazza,
brano dal carattere brillante e gioiosamente gaudente, trascritto
con assoluta sapienza contrappuntistica ed effettistica.
Un modo, secondo noi, adatto a concludere la nostra proposta discografica,
certo non esaustiva, ma sufficientemente panoramica della musica
"popolareggiante d'autore" e del felice connubio tra artisti
delle nostre terre.
IL MILLENARIO legame di una cultura
quale la friulana con il sacro, può riconoscersi quale vera
e propria vocazione derivante dall'antica ritualità dei Gallo-Carni
ed il canto liturgico della chiesa aquileiese.
La nutrita produzione compositiva di Jacopo Tomadini trova
nei mottetti per coro virile un vertice stilistico universalmente
riconosciuto, in particolare nel mirabile Anima
Christi.
Mottetto-cantato articolato in cinque sezioni divise da un'ampia cadenza dell'arpa, nelle quali il coro agisce in funzione antifonale rispetto al solista, di cui amplifica gli spunti tematici. L'eliminazione della parte dell'/iomonium e la conseguente esaltazione della timbrica dell'arpa, strumento prediletto dal compositore, obbedisce nelle revisioni di Stefano Sacher alla volontà di liberare la musica tomadiniana da strette e anacronistiche finalità liturgiche per assicurargli una dovuta dignità concertistica.
La testimonianza artistica di Albino Perosa (1915-1997) può considerarsi frutto di un intento riformatore affine a quello tomadiniano.
Alla sua Messa per coro virile su testo friulano, Albino Perosa volle dare un titolo solennemente evocatore di magica ritualità e lontane, Messe patriarchine.
E se la nutrita schiera di musicisti-sacerdoti friulani può con Albino Perosa considerarsi conclusa, non altrettanto può dirsi dell'attenzione ancor rivolta dalla più recente generazione di compositori friulani nei confronti della coralità, quale laboratorio compositivo fedelmente vincolato ad un onnipresente e insostituibile rapporto con la tradizione.
Orlando Dipiazza è da sempre compositore squisitamente corale. Nel Salmo 133 (1986) per tenori all'unisono, 2 violini e violoncello, l'apporto strumentale permette di rivivere alcuni dettagli costruttivi mutuati dallo studio della polifonia arcaica e di unirli a procedimenti contrappuntistici tipici del primo Barocco, nel segno di una decantazione dei linguaggi del passato che trova in tempi recentissimi il conforto di numerose esperienze europee d'avanguardia.
I due mottetti per coro a cappella Ecce panis angelorum (1976) e Laudate dominum (1986) rappresentano il frutto di un momento neoclassico dell'evoluzione stilistica del compositore. Il mirabile profilo melodico del canto Cui mi dis presenta decise analogie con il motivo del capolavoro di Arturo Zardini, Steìutis alpinis, riallacciandosi pertanto con grande probabilità a un patrimonio melodico popolare comune all'alto Friuli e alle valli carinziane, mentre l'altrettanto straordinario motivo da cui scaturisce la raffinata elaborazione corale di Staimi atènz, rappresenta un simbolo assoluto del cantare friulano di ogni tempo.
Nella Passione Secondo Giovanni
il musicista ha affidato al coro virile, spartito in quattro voci,
le turbarum voces cioè gli interventi del popolo, dei
soldati e dei grandi sacerdoti, mentre lo storico, cioè la
voce recitante, presenta il testo evangelico nella "lingua
fiorentina" affinchè, come ebbe a dire il Corteccia,
la comprensione del popolo fosse esatta ed immediata.
Il racconto della Passione di Christo si snoda quindi lungo due direttrici:
la recitazione in volgare e gli interventi della folla in latino.
La narrazione evangelica viene interrotta nei momenti salienti da
alcuni responsori tratti dalle profezie e dalle lamentazioni che rappresentano,
secondo le intenzioni del Corteccia, momenti di divota meditazione.
Questi inserti polifonici sono le pagine più ispirate dell'intera opera: in particolare il toccante Tristis est anima mea, il drammatico Caligaverunt oculi mei e il Tenebrae factae sunt che è considerato un capolavoro del genere mottettistico.
Alla conclusione, dopo la morte di Christo, il coro conclude con la Evangelium che è il racconto della deposizione dalla croce e della sepoltura.
Composto probabilmente intorno agli anni 1810-1813 forse a Venezia, il "Miserere" di
G. Rossini è una delle poche composizioni del maestro
pesarese per coro maschile e strumenti.
Rimasto sconosciuto per lunghi anni e solamente da poco tempo riscoperto,
il Miserere è una composizione giovanile di Rossini, ma non
per questo ingenua e superficiale.
Al contrario, in essa il compositore sperimenta quelle soluzioni armoniche,
vocali e strumentali che diverranno il suo stile compositivo e a cui
egli si rifarà nelle successive composizioni operistiche.
Il brano, prevede la presenza di un gruppo di archi (violino I, II, viola, violoncello e contrabbasso) ai quali si aggiungono alcuni strumenti a fiato (oboi, corni, fagotto), il coro composto da tenori I e II e bassi e un terzetto solistico sempre maschile.
Coro e soli si alternano nella successione delle sette parti in cui il compositore ha suddiviso il testo del Salmo 50.
Liszt iniziò la Composizione
del Requiem durante un viaggio in Italia, nel corso del quale visitò
Assisi e Loreto. Il lavoro fu completato nel 1871 ed eseguito a Weimar
nel giugno del 1875 sotto la direzione dello stesso autore.
Per quanto riguarda la sua versione autografa egli non volle illustrare generalmente "l'implacabile colore nero dei Requiem, ma voleva invece tendere a dare un carattere cristiano-speranzoso al pensiero della morte".
Questo cd contiene una raccolta di
alcuni brani tratti da testi di poeti regionali e rivissuti nelle
musiche di compositori friulani e giuliani. Le musiche sono state
registrate nel Salone del Parlamento del Castello di Udine.